Soffrire di mal di schiena è una cosa estremamente comune. Nel mondo occidentale industrializzato, tale disturbo è la maggior causa di assenteismo dal lavoro.
A soffrirne maggiormente sono le persone con età compresa tra i 30 e i 50 anni, ma sono sempre di più anche i giovani con meno di 20 anni ad esserne affetti. Si calcola che almeno l’80 per cento della popolazione italiana ha sofferto almeno una volta nella vita di dolore riferito al collo, il cosiddetto torcicollo, alla zona lombo-sacrale o dorsale. La maggior parte di questi episodi dolorosi non avviene dopo un trauma importante, ma in seguito a piccoli movimenti routinari non bruschi, o addirittura in assenza di qualsiasi scatenante evidente. Si riferisce un’improvvisa o graduale incapacità a muoversi accompagnata da dolore più o meno invalidante, che può durare giorni o settimane.
Generalmente si tende a leggere questi episodi, soprattutto se ripetuti, come semplici fattori infiammatori-degenerativi, derivanti magari dal tipo di attività svolta, troppo pesante o al contrario troppo sedentaria, dalle abitudini posturali lavorative o da traumi diretti. Si va subito alla ricerca di eventuali sofferenze discali o fattori degenerativi, attraverso le specifiche indagini strumentali.
Indagini portate avanti da J.P. Barral , dai docenti dell’istituto Barral, e comprovati giornalmente da migliaia di osteopati sul campo, mostrano invece che nel 75-80 % dei casi all’origine di questi malesseri vi è una tensione, una restrizione di mobilità a livello viscerale. Anche l’ernia del disco o altri fattori degenerativi sono il graduale effetto di una causa ad altro livello che via connettivale/neurologica/vascolare/endocrina si manifestano nella zona interessata.
Lo stesso avviene per le normali cifosi, iperlordosi, scoliosi, dismetrie degli arti inferiori, piede piatto, e per i cosiddetti problemi posturali: possono essere tutte manifestazioni a medio e lungo termine di questi adattamenti tensivi, che in fase iniziale erano solo sintomi passeggeri, magari silenziati a lungo con antidolorifici.
Questo ci fa comprendere due cose:
1) è possibile prevenire queste patologie/disturbi se si lavorasse adeguatamente sull’equilibrio generale, attraverso controlli osteopatici i fin dalla prima età.
2) una volta già instaurate queste patologie, e prescritte le cure mediche, cercare di comprenderne l’origine, è importante per aggiungere un aiuto coerente e non in contrapposizione ai processi di autoregolazione dell’organismo, e per ridurre più efficacemente la sintomatologia associata.
Salvo casi speciali, forzare una correzione della postura con ginnastica, uso di plantari, bustini, apparecchi ortodontici come bite, interventi chirurgici o sblocchi articolari puntuali, senza previamente aver lavorato a una riscontrata causa adattiva, andrebbe irrimediabilmente in conflitto con le stesse forze autoregolatrici del corpo, con conseguente grande dispendio energetico della persona, di trattamenti lunghi mal accettati, reazioni non previste, fino all’inefficacia dell’approccio.
Da un punto di vista osteopatico, nei problemi posturali fino ai dismorfismi (scoliosi, iperlordosi, cifosi…), è necessario prima riequilibrare il corpo, e poi far fare un buon lavoro di ginnastica propriocettiva-posturale con istruttore specializzato per correggere squilibri e asimmetrie muscolari che si sono mantenute a lungo. Plantari, bustini, apparecchi ortodontici come bite, interventi chirurgici andrebbero valutati alla fine di questo percorso per compensare eventuali dismetrie/squilibri residui che non si sono potuti ridurre, e che sono considerate ancora patologici. L’approccio osteopatico dunque può essere un grande aiuto a gnatologi, ortopedici, podologi, per ridurre gli interventi ed accelerare i processi di recupero della persona. Questo approccio vale soprattutto in età pediatrica. I dismorfismi, che non vengono trattati prima che si strutturino, ossia generalmente prima dell’età adulta, non sono modificabili. È infatti durante l’età giovanile od infantile del paziente che si può lavorare con il massimo risultato per questi problemi,
I pazienti con dismorfismi già strutturati, caratterizzati cioè da variazioni della stessa morfologia delle ossa, potranno comunque ricevere enorme giovamento dal trattamento osteopatico e a seguire da una ginnastica adeguata. Tale giovamento sarà riscontrabile tanto nei sintomi quanto nella prevenzione di ulteriori peggioramenti. La cosiddetta gamba corta, quando non anatomica, è quasi sempre riducibile.
Nei casi in cui la chirurgia sia considerata inevitabile, per la gravità o per l’eziogenesi del dismorfismo, l’approccio osteopatico di riequilibrio fasciale può essere di grande aiuto tanto alla buona riuscita della chirurgia, se ricevuto in fase pre chirurgica, quanto ad accelerare il recupero della salute, se ricevuta in fase post chirurgica.